Memorie Straordinarie di un Libro Vivente

  • Titolo: Memorie Straordinarie di un libo vivente
  • Autore: Mary Blindflowers
  • Casa editrice: ABEditore
  • N° pagine: 185
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Fra tutte le emozioni che questo libro mi ha suscitato, la prima che vorrei condividere con voi  è sicuramente la sorpresa. L’autore infatti induce il lettore a formulare alcune idee abbastanza precise rispetto a come potrebbe svilupparsi la storia, ma, una volta giunti alla fine del racconto, un colpo di scena del tutto inaspettato sconvolge totalmente le aspettative.

Per non togliervi il gusto della scoperta, vorrei scrivere per voi una recensione che sia priva di spoiler, anche se devo ammettere che non sarà affatto facile, soprattutto perché i motivi per i quali, secondo me, questo libro dovrebbe essere assolutamente letto sono racchiusi proprio nello stupore che suscitano i momenti inaspettati narrati nel libro.

Il protagonista della nostra favola è un ragazzo che vive nel paesino di Seiith nell’anno 3024, è un personaggio davvero particolare: il suo nome riesce già a farci scoprire qualcosa di lui, si chiama Abel Book, ed è speciale. Il suo corpo è composto interamente da libri, nel senso letterale del termine, perché Abel al posto della pelle ha dei libri che può prendere e togliere a suo piacimento, leggere in ogni dove e in ogni momento; Sfortunatamente però, come spesso accade alle persone straordinarie, il nostro protagonista non è ben visto dagli altri abitanti del paese che, spaventati dal suo bizzarro aspetto, lo considerano un mostro e lo escludono continuamente dalla comunità.

“Dentro avevo stomaco e cuore, intestino, reni e ossa come tutti gli altri uomini. Ma la mia pelle era composta da tanti libri, di varie dimensioni, disposti in modo ammirevole secondo la disposizione del corpo. Eccomi, una macchina perfetta. I dorsi di pelle rilucono al sole, come piccoli gioielli. Posso estrarli senza sentire dolore e leggere, utilizzando una lente di ingrandimento per vedere i caratteri dei volumi più piccoli. Ogni dito è un libro. Nel dorso della mano ci sono cinque libri, ogni braccio ne contiene circa cento coi dorsi bene incastrati, che corrono verso il collo. Un giorno li conterò, sono davvero tanti.”

Abel lavora nella piccola libreria del paese, un luogo tranquillo ed isolato dove non si reca mai anima viva.  La gente infatti ha ormai perso interesse per i libri e per la lettura poiché vive in un mondo frenetico, fatto di egoismo e poca umiltà; eppure, per il protagonista, la libreria rappresenta da sempre un luogo sicuro nel quale recarsi per fuggire dal mondo esterno, dalle critiche e dagli sguardi di ribrezzo e disgusto che la gente gli lancia di sottecchi quando lo vede per strada. Un giorno però la quiete che caratterizza le giornate di Abel viene improvvisamente interrotta da un uomo misterioso, il quale, dopo essere entrato nella libreria ed essersi presentato con il nome di Nicholas Empty, svela al protagonista un enorme segreto: anche lui infatti, proprio come Abel, è un uomo che possiede una caratteristica davvero unica nel suo genere. I due decidono di fondare “Il Club degli Uomini Straordinari”, che, nel corso della storia, si arricchirà di altri membri, ognuno con caratteristiche fisiche fuori dal comune, ma, soprattutto, con un carattere particolare che rispecchia i sentimenti e le problematiche dell’animo umano.

Un giorno, tuttavia, alla libreria arriva un’altra persona a spezzare la monotonia delle giornate di Abel, Violet Leap, una giovane e dolce giornalista, la cui bellezza e bravura farà subito breccia nel cuore del nostro uomo-libro. La ragazza, però, molto più interessata alle potenzialità di Abel come scrittore che al suo cuore, si presenta a lui con un grande progetto: fondare una rivista letteraria che possa attirare persone di ogni età. Così insieme fondano la rivista letteraria “Il Nautilus”. Il progetto ha un nobile scopo, ed anche se attirerà più curiosi che gente davvero interessata alla letteratura, riesce a raggiungere l’obiettivo.

“Sa scrivere però. Articoli che scuotano le coscienze. Potrà anche firmarli con uno pseudonimo. Dobbiamo ricordare alla gente che esistono i libri. Ma si guardi intorno. Crede che soltanto a Seiith le biblioteche siano vuote e piene di polvere? La cultura sta morendo, sostituita da moda e tecnologia. Nessuno legge più. Pensano di non averne bisogno. Il mondo si imbarbarisce.”

Ogni mese Nicholas torna a far visita al suo caro Abel, lo invita nel suo rifugio e lì inizia a conoscere e ad affezionarsi agli altri membri del Club, con i quali ha modo di compiere alcuni misteriosi viaggi attraverso lo spazio e il tempo che, inizialmente, lasciano l’uomo-libro piuttosto frastornato ma, con il passare del tempo, lo condurranno ad affezionarsi sempre di più ai suoi compagni di avventure, tanto da congedarsi a malincuore dalle riunioni del Club.

Preferisco non rivelarvi troppo dei viaggi, dei singoli personaggi e dell’intero racconto, perché credo che sia un libro che vale il tempo di un lettore.

È un libro molto interessante, scritto con un linguaggio davvero ricercato, che non risulta mai pesante, lento o noioso, riesce sempre a tenere il lettore con il fiato sospeso, con la curiosità di sapere quale sarà il prossimo personaggio che incontreremo o il prossimo viaggio intrapreso.

Oltre a questo però c’è altro, è un viaggio anche spirituale attraverso l’animo umano, l’umanità, tra il giusto e sbagliato, tra il bianco ed il nero, attraverso ciò che ci rende persone buone o cattive.

Ho vissuto la lettura non soltanto come una storia ma anche come una riflessione. E quando l’autore riesce a far riflettere il lettore su dei temi importanti, allora credo sia riuscito nell’intento.

“E mentre i comuni mortali fanno file chilometriche al drugstore per comprarsi il telefono che ti cucina un piatto di spaghetti precotti che sanno di gomma, io leggo il mio naso, poi passo al dito del piede, alla bocca, al mento, alle braccia dove c’è ampia scelta di testi. Mi basto e rido soddisfatto in barba ai dementi che mi chiamano “mostro”. E mi guardo sfacciatamente allo specchio. Sono davvero bellissimo. Peccato che nessuno lo sappia, compresa mia madre. Guardare senza vedere è la vera deformità, il cancro che devasta questo nostro tempo indecente.”

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